Diversamente uguali – 28

«Oggi, 26 giugno, avanti a me, ufficiale dello stato civile del Comune di Milano, sono personalmente comparsi  i signori Marco Boscolo e Stefano Romagnoli , i quali – alla presenza dei due testimoni Anna Martini e Paola Di Gennaro- mi dichiarano quanto segue:
di avere formulato a questo ufficio la richiesta di rendere la dichiarazione costitutiva dell’unione civile tra persone dello stesso sesso;
di confermare di non essere in alcuna delle condizioni di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 20 maggio 2016 n, 76;
di essere consapevoli dei diritti, dei doveri e degli obblighi che derivano dalla costituzione dell’unione civile, ai sensi dei commi 11 e 12 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, di cui ho letto il contenuto;
di costituire, mediante la presente dichiarazione, l’unione civile tra di loro.
Il presente verbale, al quale allego il verbale della richiesta, viene letto ai dichiaranti i quali, insieme con me ed i testimoni, lo sottoscrivono».

I due ragazzi erano visibilmente emozionati. Vestiti uguali, con un elegante vestito nero e la camicia bianca, papillon nero e cappello a cilindro a simboleggiare l’estrema importanza del momento. Pure il consigliere comunale chiamato a condurre il rito, con tanto di fascia tricolore, sembrava emozionato per ciò che stava accadendo in quella sala ornata a festa. I due giovani ragazzi avevano gli occhi lucidi e si tennero la mano durante tutta la cerimonia.

«Marco Boscolo, vuoi tu unirti civilmente con il qui presente Stefano Romagnoli?» «Si»

«Stefano Romagnoli, vuoi tu unirti civilmente con il qui presente Marco Boscolo?» «Si»

«I testimoni hanno sentito?» «Si… Si…»

«bene… in nome della legge vi dichiaro uniti civilmente!». Partì un sonoro applauso che accompagno un emozionato ed emozionante bacio tra i due giovani innamorati. Seguì lo scambio degli anelli tra le lacrime di Marco e Stefano che non riuscirono più a tenere l’emozione.

Stefano, ad un certo punto ed inaspettatamente, chiese al consigliere comunale se poteva prendere la parola. Prese dal taschino un fogliettino e, tremante, prese la mano del suo compagno e incominciò a leggere.

«Amore mio. Mi sento fortunato. Si, fortunato nell’averti conosciuto e nell’aver potuto crescere insieme a te. Sembra passata un’eternità da quando alle elementari vedevo un bambino della classe affianco, carino ma timidissimo, passarmi davanti nei corridoi e negli intervalli. Ricordo che provavo una grande voglia di creare con te un’amicizia. E ci riuscii. Complici anche i nostri giochi del computer, ci siamo avvicinati e non ci siamo più allontanati. Ho avuto la fortuna di passare con te il terribile periodo dell’adolescenza. La vita di un adolescente omosessuale, infatti, non è facile. Non è facile perché vorresti sia facile. Vorresti poter essere te stesso, vorresti parlare liberamente anche con semplici conoscenti del proprio ragazzo, senza che sia il caso che dica ‘ah comunque sono gay’, bisogna far attenzione ad ogni singola parola che esce dalla bocca perché un semplice ‘guarda che gnocco quello’ potrebbe costarti la reputazione a scuola. Devi far attenzione quando ne parli ad un amico che sa di te e all’improvviso si avvivina chi non sa quindi sei costretto a cambiare discorso o ad abbassare il tono di voce.
Vorresti pubblicare sui social foto col proprio ragazzo tranquillamente, come le normali coppie etero e invece sei costretto a ‘nasconderti’ e a ‘essere te stesso’ solo su qualche social network segreto.
Vorresti tanto poter camminare mano nella mano con il tuo ragazzo nel tuo paese di merda, ma appunto è di merda.
Vorresti tanto avere il coraggio di uscir allo scoperto per evitare tutto ciò e avere ciò che si desidera ma la società non te lo permette.
La società ci fa confondere, ci fa credere che il giusto orientamento sia solo quello etero, la tipica famiglia composta da Mamma e papà. Noi due, grazie a dio, abbiamo trovato il coraggio di accettarci, di rivelarci e di scoprirci e di innamorarci.

Io non mi vergogno affatto della mia bisessualità. Ho sempre saputo di essere nato diverso, se cosi volete definirmi, ma questa resta comunque una  convinzione della società malata nel non vedere che anche due individui dello stesso sesso, dello stesso membro possono amarsi. Perché dovrei vergognarmi di essere ciò che sono? Perché dovrei sentirmi estraneo a tutto il resto? No, non mi vergogno affatto di essere bisessuale, non mi vergogno nemmeno di saper provare sentimenti e non mi vergogno di AMARE TE.

Oggi, finalmente, coroniamo il nostro sogno di essere riconosciuti ufficialmente anche dallo stato. Sappiamo tuttavia che il nostro percorso di vita è soltanto all’inizio. Ancora molto dovremo affrontare ma mi rassicura il fatto di poterlo affrontare affianco a te. TI AMO VITA MIA!».

Le lacrime di Marco ormai scendevano libere nel suo viso. Un grande applauso contornò quello stupendo momento romantico. Stefano, con quella sua lettera aveva fatto centro.

Tutti uscirono dalla sala del comune per andare a festeggiare quella nuova unione che era ormai nata e che sugellava un’amore autentico e sincero tra due ragazzi perfettamente normali e uguali a tutti gli altri. Un amore del tutto naturale che durava da una vita e che avrebbe continuato, tra alti e bassi e tra gioie e dolori, ancora per tutto il resto della loro vita.

 

FINE

lookingfortheman: “ I love weddings !!! There is love everywhere and good feelings :) ”

Diversamente uguali – 27

«Buongiorno amore!» Marco salutò Stefano che, appena svegliatosi, era appena uscito dalla camera ancora in mutande e maglietta. «Buongiorno Amo!!» Stefano ricambiò il saluto e se ne andò in bagno. Dopo qualche minuto raggiunse marco in cucina. Era passato ormai quasi un anno dall’incidente stradale di Stefano. Marco, dopo qualche tempo, aveva deciso di dare un’altra possibilità a Stefano e da qualche mese erano tornati pure a vivere insieme. Il loro rapporto sembrava migliorare di giorno in giorno ed entrambi sembravano aver trovato serenità.

«Auguri Amo!» disse Stefano, abbracciandolo da dietro e baciandolo sul collo. Marco sorrise. «Ah te ne sei ricordato!» «come posso dimenticarmi del compleanno del mio amore?» «Grazie!». I due ragazzi si unirono in un dolce bacio.

«aspettami qui! vado a prenderti il tuo regalo!» disse stefano prima di andare nell’altra camera. Tornò in cucina con una grossa busta porta documenti, con un grosso fiocco rosso sopra. «Auguri!» disse consegnandoli la busta. Marco la prese non capendo cosa potesse contenere.  «Grazie ma… cos’è??» «aprilo!». Marco aprì il lembo della busta e ne tirò fuori dei fogli. Lesse.

«Richiesta di costituzione di unione civile. I sottoscritti Stefano Romagnoli e Marco Boscolo richiedono di procedere alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, ai sensi dell’art.1, comma 2 della legge 20 maggio 2016, n. 76… ma… che vuol dire?» chiese Marco, alzando gli occhi dal documento che stava leggendo. «Ci tenevi tanto no?» «si, ma…pensavo che tu non fossi molto convinto…» «Si ma per te è importante… e allora è importante anche per me! …mi sono già informato su tutto. Devi solo firmare questo modulo. Per il resto ci penso io. Vedi? l’ho già compilato con tutti i nostri dati. Basterà che lo portiamo all’ufficio anagrafe e dopo qualche giorno ci chiameranno per concordare la data della cerimonia». A Marco gli si illuminarono gli occhi dalla felicità. «Grazie Amore! E’ il regalo più bello che avresti potuto farmi!» «Ah dimenticavo! leggi la prima riga della seconda pagina!». Marco girò il foglio e continuò a leggere. «Le parti dichiarano di voler assumere il cognome comune “Boscolo”. Inoltre, il sig. Stefano Romagnoli dichiara di voler postporre al proprio cognome il cognome comune. …ma… vuoi prendere il mio cognome?» chiese Marco felicemente confuso. «certo! così sarò, per sempre, solo e soltanto tuo!» rispose Stefano con un dolce sorriso.

A quelle parole Marco non resistette più ed all’improvviso lo baciò saltandogli letteralmente addosso.Stefano schiuse le sue labbra per permettere alle loro lingue di incontrarsi. Con delicatezza i due amanti si spostarono sul divano. Marco interruppe il loro bacio e gettò stefano sul divano ed incominciò a baciarlo dietro il collo. Lentamente scese fino ad arrivare ai capezzoli ed incominciò a leccarli con la lingua voluttuosa. Sotto i suoi colpi esperti diventarono subito duri. Anche i loro piselli diventarono subito come il marmo, premendo dentro le loro mutande. Marco scese ancora più giù e liberò l’uccello del compagno che svettò in tutta la sua lunghezza. Stefano non fece in tempo a dire niente che subito sentì le labbra e la singua del suo ragazzo bagnare il suo glande per poi scendere giù di poco per ingoiare una parte del pisello. Marco non lasciò la presa continuando a lavorare di bocca fino a dove riusciva ad ingoiare. Stefano sentiva il suo uccello pulsare ogni volta che la  lingua di Marco inumidiva o esplorava il perimetro della cappella, e gemeva di piacere tanto che pensava di essere sul punto di venire. La foga che metteva nel leccare e il piacere che mi provocava scatenavano una serie di brividi che Stefano poteva avvertire in ogni centimetro del suo corpo, tant’è che gli prese la testa per i capelli nel tentativo di regolare un po’ di quell’impeto Nel frattempo con un dito Marco iniziò a solleticare il buchetto di Stefano che era quasi arrivato al  momento di massimo godimento. Se lo sentiva. Marco  continuava a pompare finchè il suo ragazzo venne copiosamente, percorso da una serie di scosse di piacere: una sensazione indescrivibile. Marco, a quel punto, lo fece alzare e girare di schiena. Gli divaricò bene le gambe scoprendo il suo bel culo. Comincio a leccare e baciare il suo buchetto voglioso, battendo con la lingua sul buchetto. Stefano era eccitato al massimo ed il suo cazzo tornò presto in tiro. Marco continuò ad accarezzargli le gambe, le palle e il pisello e la cosa rendeva sembrava eccitare parecchio Stefano. Si vedeva dalla sua faccia. Marco, a quel punto, prese da un cassetto della credenza a fianco del divano il lubrificante a base acquosa e se lo corsparse sul pisello. Cominciò ad umidire ed entrare con un dito nel suo buchetto. Fece scorrere il dito su e giù per poi inserire due dita e comincio a stantuffare ruotando le dita nel suo culo. Stefano cominciò a gemere di piacere e rimase nella posizione allargandosi le chiappe con le mani. Marco prese il suo pisello in mano e lo appoggiò al suo buchetto ben lubrificato e cominciò a fare entrare lentamente la cappella, spingendolo e facendolo scivolare tutto dentro. Il buco di Stefano era ormai abituato a quell’ospite dentro di se e lo accolse con piacere e senza particolari ostacoli. Marco cominciò a muoversi su e giù sempre più velocemente. Cominciò a stantuffare sempre più velocemente. Stefano stava per venire un’altra volta quando Marco aumentò il ritmo della scopata. Raggiunsero l’orgasmo in simultanea a urlando tutti e due. Marco si sedette sfinito sul divano e Stefano gli andò davanti, gli alzò la testa e lo baciò.

«Ma guarda come siamo sporchi…non credi che dovremmo fare una doccia?» disse a quel punto Stefano. Marco sorrise «credo proprio di si»

Diversamente uguali – 26

Dopo qualche giorno di terapia intensiva, Stefano finalmente migliorò visibilmente. Ora era totamente coscente e pian piano stava recuperando. Permisero anche a qualche visitatore di entrare nella sua stanza e stare un po con lui, ma dovevano entrare solo poche persone alla volta e non per molto tempo. Non doveva affaticarsi viste le sue condizioni. Marco però non trovò subito il coraggio di entrare a salutarlo. Rimase tutto il tempo in ospedale per sapere delle sue condizioni e non voleva tornare a casa, ma quella porta non riusciva proprio a varcarla, finchè un giorno un cugino che era appena stato dentro a fargli visita gli fece cambiare idea. «ehi, Marco… non fa che chiedere di te! Vai almeno a salutarlo! so che ci tieni tanto anche tu… almeno un saluto!».

Si decise ed entrò. Da solo. Appena varcata la porta della stanza si accorse che Stefano stava riposando ad occhi chiusi. Aveva enormi fasciature  ovunque ed una grossa benda che gli fasciava la testa. Si avvicinò al letto e gli toccò un braccio. Prontamente Stefano aprì gli occhi e lo guardò. «Marco!» i suoi occhi si illuminarono dalla gioia. «mi hai fatto prendere uno spavento! Ma cosa hai combinato?» chiese Marco rimanendo con un tono molto freddo e distaccato. Stefano non rispose ed abbassò lo sguardo. «e poi… mi vuoi spiegare da quando hai incominciato a bere?? sei stato proprio un coglione…» «…lo so. Quella sera stavo troppo male e ho deciso di sfogarmi bevendo. Lo so che ho fatto una cazzata… ma il fatto è che non ce la faccio più…» «a fare che?» «a stare senza di te!! Mi manchi ogni giorno di più!! non so più come fare…» ed in quel momento a Stefano incomincò a scendergli qualche lacrima sul viso. «vabbè… forse è meglio che esca…» «Aspetta!!». Marco si fermò e si voltò verso di lui. «che c’è?» «volevo dirti che mi ha fatto piacere che sei venuto a trovarmi…» «veramente sono qui dal giorno dell’incidente..». stefano lo guardò con gioia. «veramente? ma allora mi ami ancora?» ma Marco non rispose ed uscì chiudendosi la porta alle proprie spalle.

Quella sera Marco cedette alle pressioni dei parenti di Stefano e ritornò a casa a mangiare, farsi una doccia e a dormire qualche ora. Tornò in ospedale il giorno seguente e ricevette la notizia che Stefano era stava nettamente migliorando e che ora riusciva pure a scendere dal letto e fare qualche passo. Tornò a fargli visita in stanza ma si trattenne per poco, senza dirgli niente di importante.

Era intento a pensare su di Stefano e sulla loro storia quando, ad un tratto, si sentì toccare una spalla. Si voltò. Era Maria, la madre di Stefano. «Hei stefano. Sto andando a prendere un caffè al bar. tu lo vuoi?» «No, grazie Maria… preferisco di no…» rispose cortesemente Marco. La signora fece per andarsene, ma poi ebbe un ripensamento e si rivoltò verso il ragazzo. «sai?  mi dispiace tanto di quello che è successo… ci sono rimasta male anche io» «già…purtroppo è finita così…» «senti Marco,  Io conosco mio figlio. E’ un deficente e ha fatto tantissime stronzate nella sua vita. Forse questa è la più grossa che ha combinato. Ma fidati… ci sta veramente male per quello che è successo… prova a dargli una possibilità!» «non è così semplice…» «so benissimo che non è semplice… ma fallo almeno per te stesso!». Marco la guardò stupito. «per me stesso??» «certo! …ma ti sei visto? sei stato il primo a raggiungere l’ospedale il giorno dell’incidente e sei qui piantato  da giorni e notti senza mai un attimo di pausa… Si vede lontano un miglio che lo ami ancora. Prova a ricordarti per un attimo di quello che hai provato la notte dell’incidente mentre correvi qui… forse così riuscirai a capire cosa devi fare…». Marco la guardò con gli occhi lucidi. «ascolta il tuo cuore e tutto sarà più semplice» concluse la mamma di stefano prima di allontanarsi verso il fondo del corridoio.

Passarono pochi minuti e Marco si decise a rientrare nella staanza di Stefano. Lo trovò seduto al bordo del letto nell’intento di sistemare il suo comodino ricolmo di roba. «ah ciao Marco…» lo salutò vedendolo arrivare. «Si» disse Marco deciso. «si cosa?» chiese Stefano non capendo a cosa si riferisse. «la domanda che mi hai fatto ieri mentre uscivo… bhe, si.. nonostante tutto… ti amo ancora…». Sul viso di Stefano comparì un sorriso. «però.. non è facile… il dolore è troppo forte…». Stefano abbassò la testa «lo so… e mi dispiace» «…devi darmi tempo… devi avere pazienza… ricominciamo da capo… piano piano… un passo alla volta» «va bene…» «per ora basta che tu sappia che ti amo ancora…» «Marco, per me è tantissimo, credimi! e farò di tutto per riconquistarti…te lo prometto!» rispose infine Stefano.

Marco abbassò lo sguardo e fece per andarsene. «Aspetta!». Marco si fermò e si girò verso il ragazzo. «senti… vorrei andare in bagno… devo fare la pipì e sto scoppiando… non è che mi daresti una mano?». «Ma certo!». Stefano, contento della risposta affermativa, alzò un braccio aspettando di essere aiutato ad alzarsi per andare verso il bagno. Marco si avvicinò al letto, ma superò Stefano che rimase confuso. Poi capì. Marco, infatti, aveva appena premuto il pulsante del campanello per chiamare l’assistenza delle infermiere. Un suono fastidioso cominciò ad invadere tutta la stanza e il corridoio fuori. «Mi raccomando… non farti toccare troppo l’uccello dall’infermiera» lo ammonì Marco mentre, di spalle, abbandonava la stanza.

fraternityrow: “ Fraternity Row | Retrospective | October 2013 ”

Diversamente uguali – 25

«Hei, Marco, ho visto Stefano stamattina». Marco si girò verso la madre quasi infatidito. Erano ormai più di quattro mesi che non lo sentiva ne vedeva ed era convinto di stare lentamente superando il dolore e non voleva per nulla al mondo fare qualcosa che potesse ributtarlo nel vortice della malinconia. E parlare di lui era una di quelle cose. «Non me ne frega nulla» «non vuoi nemmeno sapere come stava?» insistette la mamma. «no» rispose secco. «vabbè…comunque per me non sta per niente bene. E’ dimagrito tantissimo e la sua faccia sembrava quella di uno zombi!» «Ma! ti ho detto che non me ne fotte nulla!» rispose marco, alzando la voce, ancora più infastidito. «Va bene, va bene… calmati…non volevo farti innervosire» «ed invece ci sei riuscita benissimo!» concluse Marco prima di tornarsene in camera sua.

Ogni volta che gli ritornava in mente Stefano era uno strazio ma ormai non piangeva più. “Starà veramente così male?”. Ripensò alle parole della madre e per un attimo gli venne un sentimento di colpa. “Vabbè… se l’è pienamente meritato… quello stronzo!”. Si accese la tv con l’intenzione di distogliersi da quei  suoi pensieri ed incominciò a fare zapping tra i diversi canali. Si fermò a guardare passivamente uno dei soliti telefilm polizieschi quando all’improvviso il suono del suò cellulare lo colse di sorpresa quasi spaventandolo. Prese il cellulare e lesse un numero che non aveva registrato. “chi può essere a quest’ora?”. Rispose.

«Pronto?»

«pronto? parlo con la moglie o la fidanzata di Stefano Romagnoli?». Marco, confuso, ricontrollò il numero sul display. Non era possibile. Era quello di Stefano. Se lo ricordava ancora bene nonostante l’avesse cancellato. Ma che strano. Non era la voce di Stefano dall’altra parte del telefono. «… bhe… cioè… No…» farfugliò Marco non capendo bene con chi stesse parlado. «ah, mi scusi… è che ho letto “Amore mio” e ho pensato…vabbè, comunque… lo conosce?» rispose quella voce sconosciuta, rendendosi conto di stare parlando con una voce maschile e non una voce femminile come pensava. Marco si bloccò per un attimo. “Amore mio? Non l’aveva ancora cancellato dopo tutto quel tempo?” penso. «Si… è il mio ex ragazzo… ma con chi sto parlando, scusi?» «Ah, okey, mi scusi…ho capito…comunque, sono il comandante dei carabinieri Pontiloni. Stefano ha avuto un incidente stradale in corso Albertini. Adesso per telefono non posso spiegare nei dettagli la situazione. Abbiamo anche cercato di contattare i genitori del ragazzo ma senza successo. Volevo comunicarvi che lo stiamo portando presso l’ospedale Santa Maria Claretta. Riuscireste ad avvertire i familiari ed a raggiungerci li?». Marco ormai aveva il cuore in gola. «si-si..c-certo! ci penso io…. in che reparto lo state ricoverando?» «benissimo. Al reparto di medicina generale. Terapia intensiva.» «La ringrazio! arriverò il prima possibile!»

Non appena chusa la telefonta, Marco non attese neanche un secondo. saltò giù dal letto, si vestì con la prima cosa trovata e si precipitò fuori di casa senza neanche il tempo di spiegare alla madre cosa fosse successo. Durante il viaggio verso l’ospedale mille cose gli passarono per la testa. Pregava solo che non gli fosse successo nulla di grave. E il sol pensiero di poterlo perdere per sempre lo terrorizzò a tal punto dal piangere. Riuscì a contattare i genitori di Stefano ed arrivò all’ospedale in un lampo. Subito cercò qualche medico che potesse spiegargli come stesse Stefano.

«Guardi… il ragazzo è stazionario ma non possiamo ancora considerarlo fuori dal pericolo di vita…lo stiamo ancora monitorando. Purtoppo ha parecchie ferite su tutto il corpo ed un grave trauma cranico…stiamo facendo tutto il possibile, mi creda» spiegò il dottore che riuscì a trovare. «si, ma cosa gli è successo??» «ha avuto un grave incidente. La sua auto ha sbandato ed è finito contro un albero ad alta velocità. Il tasso alcolico nel sangue è elevatissimo. Sospettiamo che si sia  messo alla guida ubriaco ed abbia in qualche modo perso il controllo dell’auto. Posso dire che è ancora vivo per miracolo»

Marco non ci poteva credere. Stefano non b. E poieveva quasi mai e non era di certo il tipo da fare queste cazzate. Rimase a fissarlo dalla finestrona della stanza per tutto il tempo, senza andarsene mai. Neanche per mangiare. Non si muoveva di li per nulla al mondo. Rimase li a vegliare e non lo abbandonò neanche per un attimo, finchè, finalmente un dottore non arrivò a rassicurare tutti. «Stefano è fuori pericolo e si sta riprendendo». Alla notizia, Marco scoppiò in un pianto liberatorio.

Diversamente uguali – 24

Marco, quella sera stessa, raccolse tutte le sue cose e se ne andò di casa, deciso ad uscire per sempre anche dalla vita di Stefano. La situazione fu per lui straziante. Durnte tutto il tempo non fece altro che piangere a dirotto a causa del tremendo dolore che sentiva dentro di se. Stefano cercò di scusarsi e rimediare, ma inutilmente. Spiegò a Marco che era stato un errore e che aveva ceduto ad una debolezza, e raccontò che era solo una collega, che non provava nulla per lei e che quella loro “storia” durava da poco. Non faceva altro che supplicarlo di non andarsene, che era stato stupido, che lo amava infintamente e che non poteva vivere senza di lui, ma Marco fù intransigente. Prese tutto quel che era suo e se ne andò sbattendo la porta.

Marco tornò a vivere da sua madre e questo gli provocò una ulteriore sensazione di fallimento. Il primo periodo da quella separazione fu per entrambi terribile. Entrambi non mangiavano più e non dormivano più, Stefano riempì Marco di messaggi e telefonte, a cui lui non rispose.

Nei giorni seguenti, Stefano continuò imperterrito a chiamare Marco per cercare di farsi dare un’altra possibilità. Ma nulla. Marco lasciava il telefono squillare a vuoto. Non aveva intenzione di parlargli. Voleva essere lasciato in pace. Tantissimi furono i messaggini arrivati e cancellati l’istante successivo. Stefano, allora, una sera decise di andare fin sotto casa della mamma di Marco per cercare di avere almeno la possibilità di parlargli un’ultima volta. Arrivò e citofonò. «chi è?» chiese una voce femminile. Stefano riconobbe subito la mamma di Marco. «Signora, la prego, ho bisogno di parlare con suo figlio» «Mi dispiace, Stefano, ma non vuole parlarti» «la prego!». Nessuna risposta. Risuonò «Stefano…forse è meglio che passi un po di tempo… passa fra qualche giorno» «No, io ho bisogno di parlarci adesso!».  ancora nessuna risposta. Silenzio. Risuonò una terza volta, in modo più prolungato. «OUH! HAI FINITO!?! VATTENE O CHIAMO I CARABINIERI!» Finalmente la voce di Marco. «Non mi importa nulla! scendi! ho bisogno di parlarti! Giuro che se non scendi rimango attaccato al citofono per tutta la notte!» «va bene… aspettami li… almeno la finisci con questa pagliacciata»

Dopo qualche minuto lo vide scendere dalle scale dell’androne in tuta e con solo un cappotto a ripararlo dal freddo. «che vuoi…» disse marco con tono incazzato e molto freddo. «ti giuro! non mi importa nulla di Giulia!! Le ho parlato e le ho detto che è stato tutto un errore, che per ci sei solo tu e che amo solo te!… io voglio solo te!» disse Stefano singhiozzando, incominciando a piangere. «Senti…. non mi interessa più niente di te! ora voglio solo dimenticarti ed andare avanti. per me puoi tornare da lei..»  «Ma io non la voglio! Io voglio solo te! Cazzo! Io amo solo te! Non voglio nessun altro!» «bhe… ci dovevi pensare prima…» rispose Marco prima di girarsi ed andarsene senza dire più nulla e lasciando Stefano in lacrime. Una volta tornato in casa, Marco prese il suo cellulare, cercò il numero di Stefano e lo cancellò definitivamente. Posò sul comodino il telefono e poi, dopo qualche attimo, non resistette più e si lasciò andare in un pianto disperato che sembrava non aver fine.

Diversamente uguali – 23

«Amo, vado a farmi la doccia!» Avvertì Stefano alzandosi dal tavolo dove aveva appena finito di fare colazione con il suo ragazzo. «Posso unirmi a te?» chiese Marco speranzoso, alzando lo sguardo verso Stefano che si stava avviano, in mutande e maglietta, verso il bagno. «Non credo che ce la facciamo, Amo. Tra cinque minuti devi uscire! e poi anche io devo darmi una mossa. Ti ricordi che alle nove ho quell’appuntamento?» «si, me lo ricordo…» rispose Marco sbuffando, visibilmeente deluso. Si alzò, posò la tazza nel lavandino e si dirise verso lo sgabuzzino in cerca delle scarpe. Erano ormai passati due anni da quando aveva deciso di accettare la proposta di Stefano di andare a viverci insieme, ma da qualche mese sentiva che c’era qualcosa che non andava.

Al mattino si svegliava presto, prima di Stefano, colazione e poi a lavoro in tram. Prendere la macchina non gli piaceva in quella città cosi disorganizzata, impazzita dal troppo traffico nelle ore di punta. Rientrava a casa la sera, dopo essersi scambiati infiniti messaggi su whats app per tutto il giorno. Lo trovava in soggiorno seduto in poltrona intento a guardare la tv, bacio, bacini, bacetti, cena, nuovamente tv e poi nanna, insieme nello stesso letto. È così via per tutta la settimana, ma niente sesso. Lo cercava ma nulla, si rifiutava di darglii attenzioni. E pensare che nel primo periodo della convivenza lo facevano minimo tre volte al giorno in qualsiasi posto della casa ed a ogni ora.
Infondo bastava poco, era sempre pronto, gli bastava stare con lui che il pisello iniziava a diventargli duro. D’estate, capitava che girassero entrambi per la casa nudi e che facessero l’amore almeno duo o tre volte al giorno, ma in quell’ultimo periodo le cose erano cambiate.

I momenti di sesso capitavano nei fine settimana quando avevano più tempo libero da passare inseme. Ma durante la settimana i momenti di intimità vera e propria erano rari. La mattina quando Marco si svegliava, lo abbracciava da dietro e lo stuzzicava. Stefano adorava essere svegliato così. Ma il «sei in ritardo!» arrivava quasi sempre come scusa ad interrompere i piani di Marco. Anzi, ultimamente al risveglio gli dava le spalle e non rispondeva neanche al buongiorno.
Passavano il tempo presi dalla monotonia della vita quotidiana, presi dalla convivenza, facevano le solite cose, spesa il fine settimana, shopping, bollette da pagare affitto ecc, ecc.
Per il sesso non c’era più spazio. Marco gli chiedeva almeno un po di coccole, la sera, quando rientrava stanco dal lavoro, ma nulla.
La scusa era sempre la solita, aveva la testa da altre parti, occupata dal lavoro, dai pochi soldi che ci rimanevano dopo aver finito di pagare le bollette e l’affitto di quella casa.
Queste erano le sue giustificazioni ogni volta che affrontavano l’argomento. Marco incominciò ad infastidirsi ed immancabilmente finivano per litigare. Litigi che si susseguivano ormai ogni due o tre giorni durante la settimana.

Quella mattina, però, Marco era di buon umore. Stava infatti progettando una sorpresa per il loro anniversario e nel pomeriggio dopo il lavoro aveva un appuntamento in agenzia di viaggio per programmare una vacanza romantica. Sperava che cambiando un pò aria e rompendo la solita monotonia, le cose potessero migliorare. «Amore Sto uscendo!» urlò Marco per farsi sentire da Stefano che era ancora sotto la doccia. «va bene! buona giornata amore!» rispose Stefano, urlando dal bagno. Marco prese le chiavi di casa ed uscì.

Arrivò a lavoro in leggero ritardo e venne ripreso dal capo che gli ricordò che la puntualità era importante. Ma a lui non importava perchè stava già con la mente in agenzia. A metà mattinata si accorse di avere dimenticato alcuni documenti indispensabili per il lavoro a casa. Fu costretto così a rientrare a casa nella pausa pranzo per rimediare ed evitare di ricevere ulteriori lavate di capo. Non poteva neanche chiamare Stefano per farsele portare perchè era al lavoro.

Verso mezzogiorno tornò a casa di fretta. Doveva correre se voleva fare in tempo. Arrivò alla porta di casa ed inserì la chiave. Si accorse che stranamente la porta non era stata chiusa a chiave. “Stefano si sarà dimenticato di chiuderla. Stasera gliene dico quattro”. Pensò entrando e richiudendo la porta dietro di se. Corse in sala a prendere  documenti lasciati sbadatamente sul tavolo, quand’ecco che sentì strani rumori provenire dalla camera da letto. Il cuore gli si fermò dalla paura. Quatto quatto si avvicinò, cercando di fare meno rumore possibile. Ormai era sicuro. Più si avvicinava, più era certo che qualcuno si trovava nella sua camera da letto. Arrivò all’entrata della stanza dove la porta spalancata lasciava libera la visione dello spettacolo. E lo spettacolo, purtroppo per Marco, non era dei migliori. Sopra il letto, infatti, c’era Stefano, completamente nudo, intento a possedere una ragazza. Giulia. Una sua collega di lavoro.

«Che stronzo!» urlò marco schifato, spaventando i due amanti nel letto che si accorsero della presenza dell’inaspettato intruso e si precipitarono a coprirsi con la prima cosa che potevano trovare. «CAZZO!! amore! aspetta posso spiegarti…» «AMORE UN CAZZO!! MI FAI SCHIFO!!» rispose Marco scappando via dalla stanza e da quella terribile visione che gli stava frantumando il cuore.

Diversamente uguali – 22

La notte stava già per cedere il passo al mattino quando raggiunsero la porta di casa. Nella semioscurità, dovuta alle luminose decorazioni natalizie, le strade erano deserte e silenziose come scenografie teatrali e le pochissime macchine che passavano, uscivano dalle tenebre come fari nella nebbia.
Quando il Marco cercò le chiavi, Stefano fu colpito dall’aria fredda. era inverno, uno di quelli freddi con la neve. Finalmente riuscì ad aprire la porta.
«Sta nevicando!» disse stefano alzando gli occhi al cielo.
Marco lo guardò e sorrise.«Non credo nevichi tutta la notte»
Stefano lo guardò  un po’ curioso «sempre il solito ottimista e…» .
«Se non ti dispiace…» Stefano disse avvicinandosi alla porta e spalancandola. «scusa ma se non ti muovi moriremo ibernati». Salirono fin su, in casa di Marco che ra ancora buia e vuota. Accesero la luce e tutto prese d’improvviso colore. Sulla parete vicina vi era un appendiabiti, sul quale i ragazzi appesero le loro giacche. I due ragazzi si sistemarono tranquilli sul divano abbracciati, cercando di scaldarsi vicendevolmente.  Stettero stretti ed abbracciati a godersi il calore dell’altro. Poi marco corse in cucina a preparare due tazze di te che portò su di un vassoio che posò sul tavolino del salotto davanti al divano.
«Marco, voglio chiederti una cosa… » si prese un attimo di pausa. «Ma sappi che non sarà facile»
«Beh, allora dimmi. Non essere così misterioso!» Iniziò a mordersi il labbro inferiore, cosa che faceva sempre quando era curioso o preoccupato. «Spero che non sia nulla di brutto… »
A Stefano non vennero le parole, non quelle giuste, quindi scosse la testa. Non doveva dirgli niente di brutto, nulla di brutto che riguardasse lui perlomeno, o la loro relazione.
«Vedi…» iniziò cercando di trovare le parole adatte. «I miei vogliono separarsi»
«ah! finalmente qualcosa che riuscirà a distorglierli dal pensare quanto siamo brutti e cattivoni noi due…» rispose marco con un leggero tono ironico. I genitori di Stefano, infatti, non avevano preso bene la scoperta dell’omosessualità del figlio e la sua relazione con Marco. Da quando aveva fatto coming out erano incominciati una serie di problemi che avevano anche rischiato di mettere a dura prova il loro rapporto. E con passare del tempo i suoi genitori avevano incominciato pure ad accusarsi a vicenda di essere la causa della situazione di Stefano. Insomma, dalle loro parti non c’era proprio una bellissima aria.
«Amore, sono serio! » disse, guardandolo un po’ cattivo. Era già abbastanza difficile da dire. «Sono stati dall’avvocato» «scusa… mi dispiace» «Gli ho chiesto di andarmene» aggiunse ad un fiato.
«Cazzo… E dove te ne vai?? possiamo continuare a stare assieme?» chiese Marco con il cuore in gola. Senza il suo ragazzo non saprebbe come vivere, ma Stefano non poteva continuare a stare con uno dei suoi, lo avrebbe distrutto. Tutto questo gli era chiaro.
«Ma certo, scemotto! Non mi faccio mica dividere da te! Gli detto che non ne potevo più e che volevo andare a vivere da solo. Mi hanno detto che potrò prendermi casa una mia. In affitto chiaramente» concluse Stefano. «e ce la farei da solo?» «bhe… con qualche sacrificio e qualche aiuto si… ho già fatto qualche calcolo…»
«Ma è grandioso!» scatto Marco dall’entusiasmo «Così potremo avere più intimità!!» «ecco…Desideravo parlarti proprio riguardo questo argomento» Lo interruppe. Non aveva ancora finito di dare notizie. Gli doveva porre una domanda e aspettava il tempo giusto. Gli aveva anche preparato una sorpresa. Gli voleva chiedere di trasferirsi da lui, ma non sapeva se l’altro avrebbe accettato: aveva una Madre che lo amava e che sarebbe rimasta sola. Ma doveva proporglielo, se lo sentiva.
«Quindi… Vuoi vivere con me?» chiese raccogliendo tutto il suo coraggio.
«Ma sei scemo o cosa?» chiese Marco. «Certo che voglio! Mille volte si!»
Stefano sorrise ampiamente.
Marco gli saltò letteralmente tra le braccia per stringerlo, e l’altro lo baciò. Gli circondò la vita con le mani e lo strinse a se. Le lingue si intrecciarono, cercandosi con desiderio anch’esse. Marco poté sentire il battito del cuore così rassicurante del moro e prese ad affondare le dita nei suoi capelli.
Alla fine Stefano dovette staccarsi da lui con un versetto gutturale, ma lo tenne stretto tra le mani.«Marco, ti amo così tanto!».

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Diversamente uguali – 21

Marco e Stefano stavano insieme da ormai cinque anni, durante le quali avevano approfittato di ogni momento per esplorarsi ed amarsi ed ormai erano una coppia affiatata. Erano pure riusciti a non far scoprire la loro relazione da nessuno. Dopo la  fine del liceo, Marco aveva svolto una serie di piccoli lavoretti precari in attesa di trovare qualcosa di più stabile che gli permettesse di guardare al futuro con più tranquillità. Stefano invece, dopo aver provato per pochi mesi a frequentare l’università ed aver capito che non era fatta per lui, aveva intrapreso una sicura e solida carriera all’interno dell’azienda del padre. I due giovani ragazzi si amavano come il primo giorno e cercavano di conciliare i loro impegni lavorativi con la loro relazione che, seppur bellissima, difficile da tener segreta. Si fidavano ciecamente l’uno dell’altro e quando ne avevano l’occasione, ne approfittavano di passare del tempo per la loro intimità. Come quella sera in cui Marco, approfittando della casa libera di Stefano, era rimasto a dormire a casa del ragazzo. Tanto per i loro genitori ormai era diventata una specie di tradizione.

Quella mattina Marco si svegliò sentendo sotto le coperte leggere il corpo di Stefano contro la sua schiena: il suo ragazzo  gli aveva cinto con il braccio sinistro la vita, il destro gliel’aveva infilato sotto la testa e con il suo torace e la sua vita aveva copiato la sua posizione. Nella luce soffusa della mattina resa ancor più tenue e calda dalle tende marroncine appese alle finestre, Marcosi sentì felice come non mai, amato e stretto dall’unica persona che gli avesse mai fatto battere il cuore. Con la mano destra accarezzò il braccio sinistro di Stefano che lo cingeva, mentre con la sinistra ne cercò il viso dietro la sua nuca: sentiva il suo respiro caldo e confortevole dietro di sè. Gli accarezzò il viso con leggerezza, ma Stefano si svegliò e lo abbracciò forte, appoggiandogli la guancia destra sulla schiena e spostando il braccio destro sotto di lui per cingerlo bene mentre faceva scorrere la mano sinistra su ogni piccolo rigonfiamento dei suoi addominali. Marco gli disse girando un po’ la faccia: «Ciao», «Ciao, bellissimo!» fu la risposta. Si voltò, cingendogli con le gambe le cosce e prendendogli la mano destra nella sua, mentre con la sinistra gli accarezzava il lieve ma netto solco tra i pettorali. Quando l’ebbe faccia a faccia, gli occhi, il naso, i capelli disordinati sul cuscino, le labbra rosa acceso schiuse in un sorriso che faceva sciogliere le calotte polari, lo baciò, teneramente, chiudendo gli occhi e stuzzicandolo timidamente con la lingua, che subito trovò quella di Stefano, invitante ed accogliente. Quando si separarono Marco gli disse: «Oddio non sai quanto ti amo!». Stefano allargò il suo sorriso fino a chiudere gli occhi e poi gli rispose: «No, lo so quanto mi ami, perchè anch’io amo te allo stesso modo». Poi Marco si tirò su col busto e si stiracchiò. Guardò l’orologio sul comodino «Oddio!! Ma che ore sono!! Cazzo, Ste! Ma a che ora hai detto che tornano i tuoi??» «ummm… verso le dieci…» mugugnò stefano ancora sotto le grinfie del sonno. «Cazzo! MA SONO LE NOVE E VENTI!!! su forza alzati! o ci beccheranno in pieno questa volta!!» disse Marco alzandosi velocemente dal letto e mettendosi a cercare le sue mutande, lanciate la sera prima chissà dove nella stanza. Stefano aprì gli occhi lentamente e rimase qualche istante a godersi lo spettacolo del suo ragazzo che stava infilando il sui boxer. «Ste…» lo chiamò ancora una volta mentre afferrava i suoi jeans appesi al bordo di una sedia ed incominciava ad infilarseli. «Si… ho capito…adesso mi alzo…» rispose ancora tutto assonnato. «no… volevo dirti una cosa…». Stefano, colto di sorpresa, aprì completamente gli occhi e si tirò su col busto, mettendosi seduto sul letto. <<dimmi…>>. Marco lo guardò sorridendo. Quanto era bello il suo Stefano. Anche ora, tutto nudo, sul letto e arruffato dal sonno, con solo un leggero lenzuolo che provava, senza riuscirci bene, a coprire le sue parti più proibite. Lo amava più di ogni altra cosa al mondo. «ho preso una decisione…» disse Marco tentennante. Stefano lo guardò sempre più confuso. «quale decisione??» «è un po che ci sto pensando…» «Che cosa???» chiese Stefano ormai impaziente. «…ho deciso che lo dirò a mia madre di me…. e di noi….» confessò Marco finalmente. «ah…meno male… ..mi hai fatto prendere un colpo!!» ribattè Stefano ormai rasserenato. «non ti preoccupa la cosa??» «neanche un po… anzi… fai bene… forse siamo maturi abbastanza per trovare il coraggio per venire fuori…». A sentire le parole del suo ragazzo, Marco si sentì l’uomo più felice del mondo. «toglimi una curiosità…» chiese marco a quel punto. «Che cosa pensavi che ti dicessi??» «pensavo che mi volessi lasciare…» rispose Stefano teneramente. «ma sei matto?? e come potrei rinunciare ad un rompipalle come te?? Mai e poi mai!!». i due ragazzi si guardarono negli occhi sorridendo.

«ora però puoi darti una mossa?? altrimenti il tuo coming out con la tua famiglia sarà più traumatico del previsto!!» disse a quel punto Marco, incitandolo a darsi una mossa. «un attimo!! dammi solo il tempo di trovare le mie mutan…» non riuscì a finire la frase che Marco gli lanciò in faccia il suo paio di boxer neri. «ah eccoli!». E scoppiarono entrambi in una grande risata.

Marco aveva proprio deciso. Quella sera avrebbe affrontato sua madre e gli avrebbe detto tutto. E aveva deciso di farlo durante la cena.

«Mamma!»
«Che c’è?» rispose sua madre con la faccia più innocente del mondo.
«devo parlarti.»
«Che c’è?»
«Sono gay.»
«….»
«Non dici niente?»
«….»
«Bhe?»
«Non mi aspettavo che me lo avresti detto oggi.»
«Che?»
«Me ne ero accorta da un po’ ormai.»
«A sì?»
«Già.»
«E ti va bene?»
«Non deve andare bene a me. Basta che ti senti bene tu.»
«Credo di stare bene.»
«Ok. Stefano è il tuo…ragazzo?»
«…potevi scegliere di meglio…comunque.. vai adesso.»
«Ma..»
«Oh.»
«Grazie.»
Marco si avvicinò a sua Madre e la strinse in un forte abbraccio. «Goditelo perché mi sa che non te ne darò altri per un po’.»
Sua Mamma rispose all’abbraccio stringendolo tra le sue braccia.
«Non lasciare che mai nessuno ti condizioni. Sii sempre libero.»
«Ok Ma. Vado adesso.»
«Va bene.»
Marco corse in camera sua  lasciando sua madre in cucina a sparecchiare.
Si buttò sul letto e aprì whatsapp sul cellulare. Scrisse a Stefano.

<<Ho detto a mia madre che sono gay>>.
<<E che ha fatto?>>
<<Ha detto che se ne era già accorta>>.
<< Grande!! Vedi che tua madre è uno forte?>>
<<Sì, ma in fondo l’ ho sempre saputo>>
<<:)>>
<<Ti amo>>
<<Ti amo anch’io>>

Marco buttò il cellulare sul divano e si mise a piangere. troppo forti le sue emozioni per potersele tenere tutte dentro. Finalmente si era tolto un’enorme peso che aveva sullo stomaco. Pianse. Ma furono lacrime di felicità.

Someone to make lazy mornings a miracle.

Diversamente uguali – 20

«Ehi, Dennis! ti va un caffè prima di tornare a casa?» chiese Marco al compagno di allenamenti all’uscita dalla palestra. «Si, va bene!»

Marco ci aveva pensato a fondo e alla fine si era convinto su quale fosse il regalo perfetto da fare a Stefano per il suo diciottesimo compleanno. Doveva solo pianificare bene i dettagli e Dennis faceva proprio al caso suo. Con lui, infatti, aveva instaurato un ottimo rapporto e si potefa fidarsi ciecamente. Entrarono in un bar e ordinarono due caffè, continuando, intanto, a parlare del più e del meno. Ad un tratto Marco si fece più serio e si decise ad entrare nel discorso «sai Dennis, non son stato sincero con te. Non sono single, è da 3 anni che sto con una persona». Dennis lo guardò stupito «perché non melo hai detto prima?» «perché si chiama Stefano» rispose Marco per poi restare zitto in attesa di una sua risposta. Dennis rimase a bocca aperta dalla scoperta. Poi ruppe il silenzio «sai mi fa piacere che tu me lo abbia detto. Comunque tranquillo. Per me non cambia nulla» «Grazie! mi fa molto piacere sentirtelo dire». I due finirono il caffè e si alzarono per andare a pagare. Una volta fuori dal bar, si incamminarono verso casa. «senti Dennis.. volevo chiederti una cosa…» «dimmi pure…» «due giorni fa era il compleanno del mio ragazzo e non gli ho ancora dato il mio regalo» disse Marco interrompendo il silenzio mbarazzante tra i due. «ah mi dispiace… ma io che c’entro?» «Bhe, ecco… vedi… uno dei suoi più grandi desideri è di provare a fare una cosa a tre… io vorrei esaudire questo suo desiderio e avevo pensato a te…» confessò tutto d’un fiato Marco. «ehhh??? ma sei pazzo?? scordatelo!» rispose Dennis stupito da quella proposta. «dai! si tratterebbe di una volta soltanto!» «Ma non ci penso nemmeno! non voglio fare cazzate! e poi, scusami…perchè hai pensato proprio a me??» chiese Dennis sempre più imbarazzato. «perchè sei una delle poche persone di cui mi fido! e poi ti conosco… a te è sempre piaciuto divertirti e fare cose strane e perverse… Me ne hai raccontate mille di esperienze… dopo tutto, una esperienza in più che ti costa??» «si ma sono state tutte esperienze con donne!! sono etero io!!». Marco non rispose subito. «e se ti pagassi??». Dennis ci pensò su un attimo. «… e quanto offriresti?» «300…» «…dammi qualche giorno per pensarci…»

Dennis, da suo carattere riflessivo e pensieroso, si prese un paio di giorni per pensarci, ma alla fine accettò la proposta. Insieme si accordarono per i dettagli dell’incontro e fissarono la data. Tutto ormai era pronto per il “regalo”. L’unica cosa rimasta da fare era coinvolgere Stefano.

Arrivò finalmente il giorno prestabilito. Si organizzò a casa di Marco un giorno che aveva casa libera. Con la scusa di dovergli consegnargli finalmente il regalo, Marco invitò Stefano a presentarsi quel pomeriggio a casa sua. Aveva passato le ultime settimane a parlare costantemente di quel regalo, dicendo che lo avrebbe stupito, che non se lo sarebbe mai aspettato e che anche se si ci fosse messo a ragionare, non avrebbe mai capitodi cosa si sarebbe trattato.
Bisogna ammettere che in fin dei conti aveva ragione; non si sarebbe mai aspettato un regalo come quello.
«Entra e chiudi gli occhi» disse, sorridente ed emozionato.
«Ok. Sei riuscito a mettermi addosso una curiosità imbarazzante.  non riuscivo a pensare ad altro. Non mi hai voluto dare nemmeno un indizio» risposi Stefano.
Marco gli mise le sue mani sugli occhi e lo guidò verso il suo regalo.
«Eccoci qua!» concluse, togliendogli le mani dagli occhi.

stefano si accorse subito di trovarsi in salotto e che seduto sul divano c’era un tipo con la faccia da bravo ragazzo ma l’occhio furbo. Il volto non gli era nuovo. L’aveva visto già da qualche parte.

«Ciao. Eh… non capisco» disse voltandosi verso Marco.
«Buon compleanno!» ribattè Marco, dandogli un bacio sulle labbra.
«Ma che…» «Ti ho regalato un rapporto a tre!»
Stefano era completamente incredulo. «cosa?? ma tu mi hai sempre detto che…» «ma per amore sono disposto ad esaudire ogni tuo desiderio… e questo è sempre stato il tuo sogno più desiderato… non è così??» Stefano rispose dandogli un grosso bacio di ringraziamento.

«comunque lui è Dennis! Ti ricordi di lui? è il mio compagno di classe che fa palestra con me!» «Ahhh si giusto!! è vero! piacere, Stefano!» «Dennis» rispose alzandosi dal divano e stringendogli la mano. Ma sui suoi occhi si poteva intravedere quasi una forma di timidezza nella sua espressione. In fondo Dennis era etero e non era totalemte convinto di buttarsi in quell’esperienza così lontana dai suoi generi sessuali. Forse non era la persona giusta?
Marco capì al volo di dover prendere in mano la situazione. Si avvicinò ai due ragazzi, si sfiorò il pacco attraverso la stoffa dei pantaloni della tuta; poi gli porse le mani guardandoli e li attirò a sé, portando il loro viso verso la sua bocca e iniziarono un bacio a tre. Così Stefano sentì per la prima volta la lingua dell’altro: piccola e ruvida, timida nell’esplorare. A questo punto Stefano decise di prendere il controllo, prese la testa del suo ragazzo e gli infilò la lingua in bocca. Lo baciò come gli era sempre piaciuto, dolcemente. Poi dedicò un po’ d’attenzione anche a Dennis, che però sembrava più ritroso a baciare: forse era imbarazzo, forse temeva di essere scopato. Andarono in camera. Si fermarono, al centro della stanza. Stefano in mezzo. Marco e Dennis ai lati iniziarono a toccarlo. Dennis, a quel punto, sembrava aver finalmente rotto il ghiaccio. Ci dava dentro ed anzi, sembrava non volere perdere tempo:  calò i suoi pantaloni, poi quelli di Stefano e con una mano gli strattonò la maglietta per toglierla. Lo baciò senza quasi farlo respirare, e ogni tanto con la mano cercava  anche il corpo di Marco.
Finì di spogliare Stefano, che rimase nudo al centro della stanza. Marco, a quel punto, ordinò al suo ragazzo di guardarli e di non toccarsi. Lui ubbidì e  se ne restò fermo, accecato dal desiderio, mentre Marco e Stefano ci davano dentro. Si spogliarono e si toccarono. Dennis aveva un bel corpo atletico, con un pelo ispido tra i pettorali e sull’addome. Ma la vera sorpresa era il pisello: quando si tolse le mutande, spuntò fuori un arnese grosso e lungo, dritto. «Ti piacciono cazzoni, eh?» disse Stefano scherzando Marco rispose con un sorriso. «Dai, vediamo cosa sai fare»
Dennis si sedette sul letto e Stefano gli si inchinò davanti e incominciò a sbocchinarlo. Marco si mise dietro al suo ragazzo, gli passo le mani sul corpo e lentamente scese sul culo. Stefano interruppe per un attimo il pompino «Ti prego, voglio che sia tu ad incularmi per primo…» disse rivolto al suo ragazzo.Marco scambio un’occhiata con Dennis che diede un cenno di assenso: stava godendo già con il pompino. Marco si sistemò meglio ed appoggiò la punta del suo pisello sul buco. Dennis osservava a scena «Non usi il preservativo?» Marco scosse la testa «No, è il mio ragazzo e ci conosciamo da una vita. Tu invece lo devi usare».
Marco appoggiò il glande e, quando sono certo di essere nella posizione giusta, entrò di colpo fino alla base. Ormai Stefano il suo pisello lo prendeva a meraviglia. Si sentì immobilizzato dal peso del suo ragazzo, sentì il suo  cazzo che gli pulsava dentro. Era totalmente posseduto da lui e al contempo stava sbocchinando un altro. Dennis era estasiato dal modo in cui lo possiedeva. Marco lo guardò e gli chiese se voleva fotterselo un po’ anche lui. Annuì.
Marco allora uscì dal suo ragazzo e si alzò in piedi per dare il cambio a Dennis, il quale aveva ben capito cosa piaceva a Stefano. Gli disse di alzarsi in piedi, indossò un preservativo e lo prese da dietro, scopandolo da sotto in su. Marco si mise davanti e abbracciò Stefano che stava soffrendo per le dimensioni del cazzo di Dennis e che, una volta abituato, stava incominciando a godere. Anche Stefano lo abbracciò, quasi si sostiene al suo fidanzato mentre l’altro insisteva da dietro. Marco guardò Dennis e si accorse che teneva gli occhi chiusi mentre affondava dentro di Stefano. Con la bocca emise piccoli gemiti  per poi esplodere all’improvviso. Il suo corpo si tese ed eiaculò dentro il preservativo. Si tolse subito e ci guardò. «Posso andare a lavarmi?»
«Ce… certo…» balbettò  Marco.
Appena Dennis uscì dalla stanza, Stefano tornò a guardare il suo ragazzo. «Vuoi…» ma non serve chiederlo.
Marco lo portò sul letto e lo fece stendere di schiena. Stefano divaricò le gambe e Marco lo penetrò dolcemente. Si muoveva piano sopra di lui, ma facendo in modo che la sua asta entrasse dentro di lui completamente. Stefano si lasciò andare. Adora questo trattamento e abbandonò le braccia in dietro. I due amanti, presi dal profondo piacere, non si accorsero nemmeno che Dennis era rientrato nella stanza e li guardava, come se fosse uno spettatore di uno spettacolo hard.
«Ti amo da impazzire»  sussurro Marco a Stefano prima di venire copiosamente dentro il suo ragazzo.

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Diversamente uguali – 19

Stefano osservò il quadrante dell’orologio sul muro. «Le quattro! Gli altri stanno per arrivare e devo ancora finire di preparare!». Schizzò come una lepre in sala per sistemare i cuscini del divano, pulire il tavolo e cercare i giochi di società nascosti in qualche armadietto. «Devo fare i pop-corn, aprire i pacchi di patatine, portare le bevande sul tavolo!» pensò ansiosamente. Era la festa del suo diciottesimo compleanno e voleva che tutto fosse perfetto.
«Ti posso aiutare a fare qualcosa?» si offrì Marco, pur restando disteso in modo scomposto sul divano mentre guardava la televisione. «Altrimenti cosa saresti venuto a fare in anticipo?» lo canzonò beffardamenteStefano. «Prendi dalla dispensa in cucina due pacchetti di pop-corn e mettili nel microonde, poi porta qui in sala anche le patatine e le bevande che trovi nel frigorifero!» gli ordinò infine.
Mentre continuava a cercare nelle decine di cassetti dell’armadio i giochi, Stefano vide la robusta figura di Marco alzarsi controvoglia dal divano. Stefano aprì un altro cassetto e trovò i giochi. “Finalmente!”. Li prese e li appoggiò sul tavolo.
Vide che Marco stava ancora temporeggiando e lo invitò a darsi una mossa. Si portò una mano sulla fronte e riflettè sull’organizzazione.
«Va bene, allora facciamo così: io prendo gli snack e le bevande, tu va’ nella mia cameretta e prendimi dall’armadio due calzini, un paio di mutande, un pantalone e una maglietta. Scegli tu, basta che non accolga gli altri a casa mia in pigiama!» esclamò, sempre più in ansia per il ritardo.

Aveva finito di portare tutto sulla tavola in sala ed il campanello, per fortuna, era ancora muto. Crollarono sui divani, esausti. Avevamo fatto il meglio possibile per preparare la festa in ogni dettaglio. Stefano si era lasciato cadere sul divano accanto a Marco appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevano acceso la radio a basso volume e la stazione stava trasmettendo gli ultimi successi canori del momento. «ehi, Ste! non mi hai detto cosa vuoi che ti regali!» «Beh, sei il mio ragazzo! dovresti già saperlo cosa vorrei per regalo!» «Te lo scordi! Niente  esperienza di sesso a tre!!». Marco infatti sapeva bene che uno dei desideri che gli aveva sempre confidato il suo ragazzo era provare una volta a farlo in tre. L’idea lo stuzzicava parecchio ma Marco non era per niente d’accordo. Voleva tenersi il suo Stefano tutto per se. A quell’affermazione Stefano scoppiò a ridere. «ahahah! che scemo che sei!! non intendevo quello!! volevo dire che siccome dovresti conoscermi bene, dovresti sapere cosa mi serve e quindi cosa potresti regalarmi! …ma comunque, se sei a corto di idee, quella potrebbe essere un ottimo ripiego! in fondo, se mi ami davvero, un sacrificio per me potresti farmelo!!» rispose Stefano scherzando. «Bene! quindi un nuovo portafoglio va più che bene direi!» concluse Marco ironico. I due giovani ragazzi risero complici.

Driiin. Il campanello. Gli altri erano arrivati.
«Cavolo! sono già qui! Vai ad aprire tu, mi sistemo i capelli ed arrivo!» esclamò Stefano. Corse in bagno, mentre Marco andò in sala ad aprire la porta agli invitati.
Quando arrivò nel soggiorno, i suoi amici si erano già accomodati. Fece un saluto generale e si scusò per il suo ritardo. La festa ora poteva incominciare.

La festa terminò quando ormai erano giò passate le tre di notte. Ormai tutti gli invitati se ne erano andati e rimasero lasciando Stefano e Marco soli. Stefano, ormai sfinito dalla festa, si lasciò cadere sul divano. «Ho preparato una sorpresa per te» gli disse Marco avvicinandosi al ragazzo.
«Una sorpresa?»
«Sì.»
«Dobbiamo uscire di casa?»
«Sì. Vedrai, quello che ho preparato ti piacerà»
«Ma è il mio compleanno» mugolò Stefano.
«Lo so. È per questo che dobbiamo uscire»
Sembra un po’ titubante ma non protestò più. Indossarono il giubotto, presero le chiavi di casa, spensero le luci e uscirono insieme.
«Dove andiamo?»
«È una sorpresa»
«È lontano?»
«Non molto.»
«Andiamo a piedi?»
«Sì»
«Dov’è che stiamo andando?»
«Te l’ho detto, è una sorpresa.»
«Uffa. Sai che non mi piacciono le sorprese»
Marco lo sapeva benissimo. Sapeva tutto di lui. Cosa gli piaceva, cosa non gli piaceva, quali erano i suoi sogni, i suoi desideri, le sue speranze, i suoi progetti per il futuro.
Continuarono a camminare per altri dieci minuti. Stevano provò ancora a strappagli qualche dettaglio su quello che gli aveva preparato per lui ma Marco era inamovibile. Voleva che tutto fosse perfetto.
Quando arrivarono all’imbocco di una stradina in salita, Marco si voltò verso di Stefano con le sopracciglia aggrottate.
«Sei sicuro che sia la strada giusta?»
«Sono sicuro, sono sicuro. Che c’è, non ti fidi?»
«Mmh» rispose.
Incespicarono un po’ sulla strada in salita, soprattutto Stefano, che non era mai stato un tipo molto sportivo, poi finalmente arrivarono in cima.
«Chiudi gli occhi» dico a Liam.
«Perché?»
«Tu chiudili e basta»
Stefano ubbidì ed abbassò le palpebre. Marco gli andò alle sue spalle e gli mise le mani davanti agli occhi per evitare che sbirciasse.
«Ehi!»
«È solo una precauzione»
Sbruffò.
Marco ridacchiò davanti alla sua reazione e lo guidò in avanti, stando attento che non sbattesse contro qualcosa. Stefano si lascia guidare per i metri che gli separano dalla loro meta.
«Okay» gli disse Marco alla fine, togliendo le mani dai suoi occhi. «Puoi guardare»
Marco si spostò di fianco al suo ragazzo per vedere la sua reazione.
Le palpebre scattano subito verso l’alto. La sua bocca si apre immediatamente mentre vide quello che gli si para davanti.
Restò incantato per un minuto buono, sembra non riuscire a staccare gli occhi da quello che vedeva. Raccolse ogni dettaglio, ogni luce, ogni minima cosa di quel bellissimo e romanticissimo panorama notturno.
«Figo!!» esclamò Stefano incantato.
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Per caso qualche giorno fa sono passato di qui e mi sono detto che di notte doveva essere uno spettacolo unico. Così ci sono tornato quella sera stessa e ho deciso che ti ci avrei portato per vederlo»
«Si vede tutta la città da qui» commentò Stefano meravigliato, continuando a guardare davanti a sé. «Si. È bellissimo»
«Già. Bellissimo»
Stefano si voltò verso il suo ragazzo. I suoi occhi erano due pozze infinite nella luce opaca che proviene dalla città ai loro piedi. «Ehi, Marco…» «si?» «Ti amo!»
«anch’io!»