«Oggi, 26 giugno, avanti a me, ufficiale dello stato civile del Comune di Milano, sono personalmente comparsi i signori Marco Boscolo e Stefano Romagnoli , i quali – alla presenza dei due testimoni Anna Martini e Paola Di Gennaro- mi dichiarano quanto segue:
di avere formulato a questo ufficio la richiesta di rendere la dichiarazione costitutiva dell’unione civile tra persone dello stesso sesso;
di confermare di non essere in alcuna delle condizioni di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 20 maggio 2016 n, 76;
di essere consapevoli dei diritti, dei doveri e degli obblighi che derivano dalla costituzione dell’unione civile, ai sensi dei commi 11 e 12 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, di cui ho letto il contenuto;
di costituire, mediante la presente dichiarazione, l’unione civile tra di loro.
Il presente verbale, al quale allego il verbale della richiesta, viene letto ai dichiaranti i quali, insieme con me ed i testimoni, lo sottoscrivono».
I due ragazzi erano visibilmente emozionati. Vestiti uguali, con un elegante vestito nero e la camicia bianca, papillon nero e cappello a cilindro a simboleggiare l’estrema importanza del momento. Pure il consigliere comunale chiamato a condurre il rito, con tanto di fascia tricolore, sembrava emozionato per ciò che stava accadendo in quella sala ornata a festa. I due giovani ragazzi avevano gli occhi lucidi e si tennero la mano durante tutta la cerimonia.
«Marco Boscolo, vuoi tu unirti civilmente con il qui presente Stefano Romagnoli?» «Si»
«Stefano Romagnoli, vuoi tu unirti civilmente con il qui presente Marco Boscolo?» «Si»
«I testimoni hanno sentito?» «Si… Si…»
«bene… in nome della legge vi dichiaro uniti civilmente!». Partì un sonoro applauso che accompagno un emozionato ed emozionante bacio tra i due giovani innamorati. Seguì lo scambio degli anelli tra le lacrime di Marco e Stefano che non riuscirono più a tenere l’emozione.
Stefano, ad un certo punto ed inaspettatamente, chiese al consigliere comunale se poteva prendere la parola. Prese dal taschino un fogliettino e, tremante, prese la mano del suo compagno e incominciò a leggere.
«Amore mio. Mi sento fortunato. Si, fortunato nell’averti conosciuto e nell’aver potuto crescere insieme a te. Sembra passata un’eternità da quando alle elementari vedevo un bambino della classe affianco, carino ma timidissimo, passarmi davanti nei corridoi e negli intervalli. Ricordo che provavo una grande voglia di creare con te un’amicizia. E ci riuscii. Complici anche i nostri giochi del computer, ci siamo avvicinati e non ci siamo più allontanati. Ho avuto la fortuna di passare con te il terribile periodo dell’adolescenza. La vita di un adolescente omosessuale, infatti, non è facile. Non è facile perché vorresti sia facile. Vorresti poter essere te stesso, vorresti parlare liberamente anche con semplici conoscenti del proprio ragazzo, senza che sia il caso che dica ‘ah comunque sono gay’, bisogna far attenzione ad ogni singola parola che esce dalla bocca perché un semplice ‘guarda che gnocco quello’ potrebbe costarti la reputazione a scuola. Devi far attenzione quando ne parli ad un amico che sa di te e all’improvviso si avvivina chi non sa quindi sei costretto a cambiare discorso o ad abbassare il tono di voce.
Vorresti pubblicare sui social foto col proprio ragazzo tranquillamente, come le normali coppie etero e invece sei costretto a ‘nasconderti’ e a ‘essere te stesso’ solo su qualche social network segreto.
Vorresti tanto poter camminare mano nella mano con il tuo ragazzo nel tuo paese di merda, ma appunto è di merda.
Vorresti tanto avere il coraggio di uscir allo scoperto per evitare tutto ciò e avere ciò che si desidera ma la società non te lo permette. La società ci fa confondere, ci fa credere che il giusto orientamento sia solo quello etero, la tipica famiglia composta da Mamma e papà. Noi due, grazie a dio, abbiamo trovato il coraggio di accettarci, di rivelarci e di scoprirci e di innamorarci.
Io non mi vergogno affatto della mia bisessualità. Ho sempre saputo di essere nato diverso, se cosi volete definirmi, ma questa resta comunque una convinzione della società malata nel non vedere che anche due individui dello stesso sesso, dello stesso membro possono amarsi. Perché dovrei vergognarmi di essere ciò che sono? Perché dovrei sentirmi estraneo a tutto il resto? No, non mi vergogno affatto di essere bisessuale, non mi vergogno nemmeno di saper provare sentimenti e non mi vergogno di AMARE TE.
Oggi, finalmente, coroniamo il nostro sogno di essere riconosciuti ufficialmente anche dallo stato. Sappiamo tuttavia che il nostro percorso di vita è soltanto all’inizio. Ancora molto dovremo affrontare ma mi rassicura il fatto di poterlo affrontare affianco a te. TI AMO VITA MIA!».
Le lacrime di Marco ormai scendevano libere nel suo viso. Un grande applauso contornò quello stupendo momento romantico. Stefano, con quella sua lettera aveva fatto centro.
Tutti uscirono dalla sala del comune per andare a festeggiare quella nuova unione che era ormai nata e che sugellava un’amore autentico e sincero tra due ragazzi perfettamente normali e uguali a tutti gli altri. Un amore del tutto naturale che durava da una vita e che avrebbe continuato, tra alti e bassi e tra gioie e dolori, ancora per tutto il resto della loro vita.
FINE